martedì 25 giugno 2013

Codice a (s)barre



Prima edizione fiorentina di Codice a Sbarre, festival dell'editoria libera, con presenti una cinquantina di editori, nel suggestivo spazio delle ex carceri delle Murate, che, nel cuore della città, sta diventando sempre più un luogo importante di aggregazione e di proposta.


Lo spazio della Libreria Cuccumeo

Codice a Sbarre ha dedicato un’ intera sezione allo spazio ragazzi, curato dalla Nottola di Minerva e dalla Libreria Cuccumeo, in collaborazione con Babalibri, Bohem Press, Carthusia, Donzelli, Jaca-Book, Kalandraka, Lapis, Orecchio Acerbo, Prìncipi e princípi, Topipittori

Letture e laboratorio di Arianna Papini





Laboratori, presentazioni, marionette, teatro, musica: Teresa Porcella ha reso omaggio al grande Roberto Denti, Gek Tessaro ha 'rappresentato' Il cuore di Chisciotte, Arianna Papini ha deliziato i bambini con le sue storie e con i suoi multicolorati ritagli di carta. 

Giornate calde e soleggiate a cavallo tra il solstizio d'estate e la notte di San Giovanni. Un esperimento partito in punta di piedi, ma senz'altro da ripetere e consolidare.

Lola Barcelò (Kalandraka)

martedì 18 giugno 2013

In Paradiso con Tapirulan




(Comunicato stampa) Affanni, ansie, delusioni, fretta, stress e incazzature fanno parte della vita quotidiana. Il paradiso sembra non essere a portata di mano, è lontano, forse non esiste se non nei persistenti sogni di rifuggire alla realtà. Forse in vacanza, forse... Solo due essere umani pare che abbiano potuto apprezzare appieno i vantaggi del giardino dell’Eden, il paradiso per eccellenza. Sì, per eccellenza, perché Eden non è solo un paradiso biblico. Ecco, appunto: cos’è l’Eden? Dove si trova? Chi ci vive? Eden: è un luogo di pace e armonia, o un luogo rischioso dove se si sgarra si pagano dolorose conseguenze? 

Eden, questo è il tema della nona edizione del concorso per illustratori bandito dall’Associazione Tapirulan con il patrocinio del Centro Fumetto Andrea Pazienza, dell’Associazione Illustratori, dell’Associazione Hamelin, di Sàrmede – Paese della fiaba e con la collaborazione del Comune di Cremona, del Comune di Genova e del quotidiano La Provincia. 

Illustrazione di Gianni De Conno per Emergency

La giuria del concorso, presieduta quest'anno da Gianni De Conno, selezionerà i quaranta autori che saranno protagonisti della mostra internazionale di illustrazione prima a Cremona dal 7 dicembre 2013 al 2 febbraio 2014 e poi nei musei di Genova-Nervi tra marzo e giugno 2014. Le opere selezionate verranno pubblicate sul catalogo della mostra e dodici di queste anche sul Calendario Duemila14 di Tapirulan. Durante l’inaugurazione della mostra verrà nominato il vincitore, al quale andranno 2.000 euro di premio e una mela. Un ulteriore premio di 500 euro verrà assegnato all’autore dell’opera più votata dagli utenti del sito www.tapirulan.it

Si può partecipare al concorso inviando un’opera di formato quadrato (dimensioni minime 25x25 cm, massime 40x40 cm) entro il 18 ottobre 2013. Si può partecipare anche con immagini digitali, che possono essere spedite attraverso lo specifico modulo online sul sito www.tapirulan.it/concorso-calendario dove si trovano tutte le informazioni e i dettagli sul concorso.  

Informazioni:
www.tapirulan.it/concorso-calendario
calendario@tapirulan.it
tel: 347.6881328 – 328.8518849

domenica 16 giugno 2013

Illustrazione d'antan. 13. Winnie the Pooh

Ernest H. Shepard, Winnie the Pooh

“Gli animali si trovavano là, nella camera del bambino. La mia collaborazione, in quanto autore, dotava ognuno di loro di una voce individuale: il loro proprietario, che li amava, aveva conferito loro quell’estro di carattere che ben definiva la loro personalità, e l’artista, Shepard, li ritraeva, si può dire, dal vivo. Erano lì, sotto gli occhi di tutti. Io non li ho inventati, li ho descritti…” (A. A. Milne)


Ernest H. ShepardWinnie the Pooh

Tra la cameretta di Christopher Robin, il figlio di Alan Alexander Milne, e il Bosco dei cento acri, intorno alla loro casa di campagna, ad Ashdown, nel Sussex, si svolgono le avventure domestiche di Winnie the Pooh e dei suoi amici di pezza, il maialino Piglet, l’asino Eeyore, Tigger, il canguro Kanga...

Milne, nato a Londra nel 1882 e morto nel 1956, scrisse le prime storie di Pooh nel 1926 e quelle storie furono il tramite per entrare in comunione perfetta con il figlio. Milne era un uomo chiuso e introverso, taciturno, (“Papà teneva il cuore ben abbottonato”, scrisse tanti anni dopo, ormai anziano, Christopher Robin) e il raccontare le storie minime di quegli animaletti di pezza (una merenda di pane e miele, una passeggiata nel bosco, la costruzione di una capanna di frasche...) aveva quasi il senso di un esorcismo verso una riservatezza ai limiti della solitudine.

L’orsetto Winnie, comunque, gettò un ponte tra padre e figlio che diventò quasi ‘collaborazione’ creativa: “Non è facile - scrisse ancora Christopher Robin - fissare la precedenza delle situazioni volta per volta. Sono stato io a combinare qualcosa che mio padre ha elaborato in forma di testo, o non si sarà talvolta partiti dal racconto? Lui era a caccia di idee ma lo ero anch’io. Lui pensava ai suoi racconti, a me sarebbero serviti per i miei giochi. Ci siamo ispirati a vicenda...”
Quale ne sia stata la genesi prima, i racconti di  Winnie, ‘orsetto dal poco cervello’, come si definisce lui stesso, ebbero un travolgente successo, dapprima sul London Evening News, poi raccontati per radio, infine raccolti in volume.

Ernest H. ShepardWinnie the Pooh

A tradurre in immagini la vita del Bosco dai cento acri, pensò un illustratore del Punch, Ernest Howard Shepard*, cui, oltre alla saga di Winnie the Pooh, si dovranno le illustrazioni di un altro evergreen inglese per l’infanzia, il Vento tra i Salici di Kenneth Grahame.

Ernest H. ShepardWinnie the Pooh

Ernest H. ShepardWinnie the Pooh

Shepard, per le sue illustrazioni, si ispirò ai pupazzi di Christopher Robin ma tenne a dichiarare che il modello  ispiratore dell’immagine di Pooh, non era l’Edward Bear di Christopher, ma il Teddy Bear di suo figlio, un pupazzo di nome Growler che fece fine ingloriosa, essendo stato distrutto dai morsi del cane di famiglia.

Ernest H. ShepardWinnie the Pooh

Il lavoro di Shepard fu molto apprezzato da Milne che gli rese un commovente, pubblico omaggio:

When I am gone,
Let Shepard decorate my tomb,
And put (if there is room)
Two pictures on the stone:
Piglet from page a hundred and eleven,
And Pooh and Piglet walking (157)…
And Peter, thinking that they are my own,
Will welcome me to Heaven.* *

Ernest H. ShepardWinnie the Pooh

I disegni di Shepard sono in bianco e nero, in punta di penna, sobri ed eleganti, appena accennati. Uno stile nervoso ed essenziale, capace però di definire a tutto tondo il carattere di quei personaggi e il background dove si snodano le loro avventure. Shepard riuscì a dare a Pooh e ai suoi amici un’immagine ‘assoluta’, si potrebbe dire, che non sarà più cambiata, nelle linee essenziali, nemmeno quando, nel 1961, i diritti per il personaggio furono ceduti alla Walt Disney.

Walt DisneyWinnie the Pooh
La Disney fece diventare l’orsetto pasticcione, dal poco cervello, una delle star di primissima grandezza del suo universo mediatico e commerciale.
Una persistenza iconica, quella determinata da Shepard, che ricorda la vicenda analoga di Sir John Tenniel per Alice’s in Wonderland. Anche in quel caso Walt Disney preferì ispirarsi, per il suo film di animazione, ai disegni dell’artista inglese, anziché crearne di nuovi e completamente originali.
Un omaggio, nell’uno e nell’altro caso, alla forza visionaria di Tenniel, da una parte, e di Shepard, dall’altra.

Walt DisneyWinnie the Pooh

* Arthur R. Chandler, The Story of E. H. Shepard: the Man who drew Pooh,  2001, Trafalgar Square

**Quando me ne andrò, lasciate che sia Shepard a decorare la mia tomba, e metta, se c’è spazio, due disegni sulla pietra: Piglet tratto da pagina 111, e Pooh e Piglet che camminano, pagina 157. E Pietro, pensando che quei personaggi sono i miei, mi darà il benvenuto in Paradiso.



martedì 11 giugno 2013

Oh, che bel castello...

Instancabile Arianna Papini, autrice e illustratrice ispirata e prolifica, ma anche operatrice di cultura, organizzatrice e didatta appassionata.
Da giovedi 13 a sabato 15 giugno, a Scandicci, nella bella cornice del Castello dell'Acciaiolo, ha il suo momento conclusivo Oh che bel castello... iniziativa di avvicinamento alla lettura per bambini e adulti insieme, in un percorso che durante l'anno ha visto lavorare i bambini intorno a famosi libri per l'infanzia, alla fine restituiti dai piccoli, durante i laboratori, in forma nuova e fantasiosamente originale. Un modo per rileggere tante esperienze grafiche e libri per l'infanzia essenziali per la formazione e la crescita, a cominciare da quelli di Maurice Sendak e Leo Lionni.

Nella tre giorni di Scandicci si potranno ammirare i lavori dei bambini, esposti in mostra, frequentare nuovi laboratori con gli illustratori Sandro Natalini e Lucia Scuderi, ascoltare le storie di Arianna Papini sotto l'Albero della Quaglia, fare il punto su quest'esperienza, e più in generale sui rapporti tra infanzia, immaginario, didattica e 'pratica del fare', con gli interventi di Bruno Tognolini, Marco Dallari, Lola Barcelò, Giovanna Malgaroli, Paolo Borin.

Nel testo introduttivo al catalogo dell'iniziativa, voluta in primis dalla Biblioteca per i ragazzi di Scandicci e l'Istituto degli innocenti di Firenze, Arianna Papini ci racconta il senso e l'importanza dell'iniziativa.



Le fiabe condivise

Arianna Papini
Curatrice della mostra


(...) Spesso mi viene chiesto con che criterio scelgo i libri per i piccoli, poiché è evidente la grande varietà iconica e stilistica del parco libri che abita il mio carrello di lettrice itinerante. Il criterio è molto semplice. Ai bambini va dato il meglio affinché possano assaporare la qualità del fare, dell’apprendere, dell’ascolto e della parola, dell’interpretazione e della comunicazione diretta. La curiosità, che poi è il movente di ogni andare, va coltivata fin da subito affinché la persona piccola, nel divenire grande, annoti tutti gli infiniti incredibili e imperdibili incontri che fa, nel grande libro della propria vita,
come bagaglio denso e leggero, forte e invisibile arma pacifica da poter utilizzare nel momento del bisogno. Il meglio della letteratura, questo va dato ai bambini. La letteratura dalle parole poetiche e intense, a volte difficili e quindi da scoprire o indovinare o fraintendere, le frasi musicali musicate da grandi scrittori che universalmente si rivolgono a lettori di ogni età.


 È qui l’altro elemento discriminante: i libri che vivono nel mio carrello sono senza età, ampiamente condivisibili, così che chiunque ne possa usufruire, io stessa ogni volta, il lettore adulto o anziano, neonato, ragazzo, poiché in quelle parole trova una parte della propria vita non ancora spiegata altrove, un’apertura dunque alle mille strade della conoscenza di cui la prima, e più importante, è quella di se stesso. (...) Qui entra il terzo tema, quello dell’iconografia. È difficile che i bambini imparino ad accogliere e condividere i tanti volti dell’umanità, se non hanno usufruito fin da piccolissimi della ricchezza di immagini differenziate, non stereotipe, capaci di renderli persone aperte all’altro, alle diversità dei mondi. Sempre la curiosità dunque, che allontana la paura e trova un senso nella condivisione delle storie, ancora una volta, all’interno dello scrigno di libri di alta qualità con immagini artisticamente alte, accuratissime, forti.


Così abbiamo lavorato a Scandicci, partendo dai bellissimi libri e dal viaggio negli spazi densi e speciali della crescita, in cui i bambini trovano esperienza condivisa e socialità. Da lì siamo partiti leggendo per terra, osservando le reazioni e gli sguardi intensi, lavorando dall’interno di quelle strutture che sul territorio, ogni giorno, hanno a che fare con i bambini e con le loro famiglie. Poi in quei luoghi il lavoro è proseguito, le fiabe e le storie hanno trovato infinite vie espressive, facendo nascere altre storie, dipinti, case, personaggi. (...)



domenica 9 giugno 2013

Libri recuperati. 32. Prontopo soccorso

Libri che non avevamo segnalato perché il nostro blog non esisteva ancora. Libri che abbiamo segnalato altrove. Libri che meritano comunque di essere segnalati e ricordati. Libri mai usciti in Italia. Libri memorabili per testi e immagini. Libri.


32. Bernard Stone, Ralph Steadman. Prontopo soccorso


La storia di Bernard Stone e Ralph Steadman fu pubblicata in Italia nel 1978, dalle edizioni del Quadragono, e chissà se oggi, in tempi molto più 'politicamente corretti', ci sarebbe ancora qualcuno che potrebbe pensare di editarla, con tutti quei topi che si aggirano tra le corsie notturne di un ospedale e che suggeriscono, ai nostri palati modernamente più schizzinosi, una sensazione sottilmente sgradevole, quella cioè di un luogo sporco, quasi infetto, abitato da presenze molto discutibili.


Ma, come avrebbe detto il Manzoni, omnia munda mundis, e la storia dei topolini ammalati, che si svolge di notte sotto il letto del povero Enrico, ricoverato per una non meglio precisata 'operazione', altro non è che una sorta di transfer con cui il bambino trasporta la sua malattia in un luogo 'altro', dove può sublimarla e quasi esorcizzarla.


La fantasia come supporto alla terapia, dunque, con le storielle intrecciate dei topolini che hanno gli stessi mali degli uomini, che hanno bisogno anch'essi di dottori, medicine, ingessature, diete. E che, come gli uomini, si lamentano, accusano dolori a volte inesistenti, temono e ingigantiscono il male. Finché anche per loro non giunge l'alba e scompaiono nei muri, insieme all'apparire dell'infermiera che viene ad annunciare a Enrico la guarigione e il conseguente ritorno a casa..


Prontopo soccorso, Una storia di Bernard Stone, illustrata da Ralph Steadman, Quadragono Libri, 1978.

mercoledì 5 giugno 2013

Le luci e le ombre di Studio Azzurro



Sono molte le parole che ci vengono in mente guardando i video delle performance di Studio Azzurro. Identità, ad esempio, e poi disagio, movimento, contatto. Ma anche ambiente, penetrazione, evasione. Dentro e fuori, sempre, il reale e il virtuale. 

Un’esperienza artistica, quella di Studio Azzurro, alla ricerca, dal 1982, di un ‘luogo possibile’ per un ‘uomo possibile’. Che si avvolge, si rotola, si annulla nella luce e nell’ombra, che cerca di uscire dalla sua gabbia senza riuscirci mai, e senza essere capace di far entrare il ‘visitatore’ nel suo mondo virtuale, alienante, magico. Un mondo che è sogno e incubo; e alla fine, per Studio Azzurro come per lo Shakespeare di Romeo and Juliet, ci si dovrebbe chiedere quale sia mai la ‘sostanza dei sogni’.


Tavoli. La donna è distesa sul tavolo e dorme. Silenziosa. Vien fatto di toccarla e lei si muove irritata, cambia posizione, si nega al contatto indiscreto. La mano che la segue riesce a farla fuggire, scompare dal tavolo e si trascina via anche il lenzuolo su cui era posata.


Tamburi. Nei tamburi sono ritratte delle grandi mani chiuse. Battendo il ritmo le mani si aprono, mostrano i doni che contengono, piccole cose scaramantiche e magiche, simboli certi di speranze incerte. Si suonano ancora i tamburi e le mani si caricano di ragnatele di segni, solchi che si agitano e si muovono fino ad andarsene.


Il Giardino delle anime. Nel giardino le anime nuotano sottotraccia, ombre nere, fantasmatiche. Ruotano nell’acqua e seguono i nostri passi. Quando un bambino si getta in quel mare luminoso le ombre nuotano con lui e cercano di uscire dai loro abissi per muoversi in superficie oppure per trascinare il visitatore nell’acqua azzurra, in profondità.


La Pozzanghera. Momenti intensi, irripetibili, d'infanzia. Cercare di saltare al di là della pozzanghera, lambirla con il piede, far schizzare un po' d'acqua. Rincorrersi con gli altri bimbi, felici e impauriti per penetrare quel gioco antico e nuovo. Ma si tratta solo di un gioco?


Ombre di passaggio. Pinocchio è un'ombra. Burattino o bambino perbene? La scelta tra l'una e l'altra possibilità è sempre stata una delle chiavi per avvicinarsi al capolavoro di Collodi. Nelle ombre di Studio Azzurro le avventure di Pinocchio accompagnano alla sua inevitabile trasformazione.

Le ‘macchine meravigliose’ che Fabio Cirifino, Paolo Rosa, Stefano Roveda e Leonardo Sangiorgi preparano per il teatro, per il cinema, per i musei, per le mostre hanno sempre come punto di partenza l’uomo. Che vuol trovare un suo ambiente, una sua collocazione, una sua pace. Chiama, quell’uomo virtuale al di là dello schermo, il visitatore: vorrebbe uscirgli incontro, toccarlo, o farlo entrare. Non ci riesce perché la porta tra i mondi è ancora chiusa. Potrebbe aprirsi da un momento all’altro e i fantasmi digitali di Studio Azzurro non smettono mai di provare a forzare aperture che non si schiudono, né di provare ad arrampicarsi su specchi su cui, proverbialmente, non ci si può arrampicare. Continuano a nuotare in acque che lasciano solo intravedere un mondo ancora distante e separato.

Quella di Studio Azzurro è la guerra totale, senza fine, del mondo reale contro il virtuale. Sono le due metà della mela che non riescono a riunirsi. Ci provano continuamente, ancora non ce la fanno, ma siamo certi che è solo questione di tempo. (da Socialdesignzine)

venerdì 31 maggio 2013

Stazione di Topolò






"Topolò – Topolove, piccolo borgo di trenta abitanti sull’estremo confine italo-sloveno, nelle Valli del Natisone, diventa ogni anno nel mese di luglio un crocevia di incontri e scambi culturali degni di una capitale. Registi, musicisti, scrittori, fotografi, performers e uomini di scienza provenienti da tutto il mondo confrontano la loro ricerca con la molteplice realtà del luogo. Non è un festival, Stazione di Topolò/Postaja Topolove, ma un piccolo-grande laboratorio che coniuga la sperimentazione con l’arcaicità di una antica cultura e la forza dell’ambiente che la ospita.
Tutto ciò che accade prende vita dal contatto diretto con il paese, che diventa così motore principale e non scenario degli eventi. Tutto si svolge nei prati, nelle piazzette, lungo i vicoli e nelle case del borgo “dopo il tramonto”, “nel pomeriggio”, “verso sera”, gli unici orari conosciuti dalla Stazione.
E in luoghi reali-immaginari quali l’aeroporto, le 4 ambasciate, l’Istituto di Topologia, l’ufficio postale, la sala d’aspetto, l’Officina Globale della Salute, l’Istituto per le Acque, la Pinacoteca Universale, le antiche sinagoghe, le terme."

Francobolli per l'Ufficio postale di Topolò

Definire Topolò è quindi definire l'indefinibile. Il nome stesso lo situa in un universo che non sappiamo se vero o finto, se frutto di realtà o portato della fantasia. Non sappiamo bene cosa sia, cosa si faccia là (o meglio lo sappiamo ma tutto è così vago che preferiamo lasciarlo nella sua vaghezza), non sappiamo quando avvengano le cose (gli eventi, i concerti, le mostre...), e in fondo, nello spirito delle cose, nemmeno ce ne importa molto. La Stazione di Topolò è una grande performance collettiva cui tutti possono accedere, un evento surreal-comportamentista (si dirà così, boh!?) astratto e concreto, individuale e collettivo. Naturalmente come tutte le cose che esistono e non si sa bene quando né perché, anche la Stazione di Topolò è 'scandalosa' e quindi minacciata dalla burocrazia (quella della Regione Friuli-Venezia Giulia, nel caso), che ha tagliato pressoché l'intero contributo che permetteva alla Stazione di funzionare.


Due Picasso Guernica per la PUT (Pinacoteca Universale di Topolò)

E allora scatta la solidarietà (una volta si sarebbe detto 'militante') e su impulso di Guido Scarabottolo, sempre in prima fila nelle imprese defilate, divertenti, apparentemente incongrue, la Galleria milanese l'Affiche organizza, per il mese di Giugno, un'asta di opere per continuare a finanziare la Stazione. Nello stile della manifestazione l'Affiche non ci dice in che data si svolgerà l'asta (ci ha promesso, però, di farcelo sapere e di mandare in rete un sito dove poter vedere, e magari acquistare, in anteprima le opere).


Per chi volesse contribuire, con denaro o disegni, all'asta e quindi all'attività della Stazione di Topolò il suggerimento è di rivolgersi all'Affiche.

Evelina al Premio Arpino


Complimenti a Mara, Annalisa e Giulia che con la loro Evelina Verde Mela hanno ricevuto il secondo premio al Concorso Giovanni Arpino 2013, a Bra. La commissione di esperti della sezione dedicata ai ragazzi ha infatti selezionato una terna di lavori tra tutti quelli presentati e il giudizio finale è stato demandato alla giuria dei ragazzi. Pubblichiamo due delle motivazioni che i giovani giurati hanno affidato ai responsabili del premio.

Lucia Porta classe V: questo libro mi è piaciuto un sacco perché parla di un rinoceronte femmina di nome Evelina che una mattina di martedì si era svegliata e non trovava più il suo corno rosso ciliegia del martedì allora era andata al lavoro con il corno verde mela del mercoledì. Al lavoro aveva incontrato Gianni, che anche lui sbagliatosi* indossava il corno giallo scuolabus del lunedì. Ad un certo punto Gianni le aveva detto che era bellissima così lei disse tra sé e sé: “Io sono Evelina verde mela”così quel corno non lo cambiò più. Questo libro mi ha fatto capire che nella vita bisogna accettarsi per quello che si è.

Aurora Ravinale classe IV: assomiglia molto come impaginazione ed illustrazioni al libro intitolato La Quaglia e il sasso. È  una bella fiaba che fa sempre piacere leggere o meglio ancora ascoltarla dalla mamma quando sei nel letto prima di andare a dormire. È divertente rilassante e fa sognare. Mi piaciuto molto.

* Anche Lucia però si è sbagliata, perché il rinoceronte spettinato si chiama in realtà Adalberto.



giovedì 30 maggio 2013

Conversazioni con Luzzati

Lele Luzzati con il Palio di Siena, 2004
Sarà presentato oggi, 30 maggio alle ore 17,00, a Firenze, nel salone dell'Istituto degli Innocenti, il volume che Giorgio Macario ha dedicato alle sue Conversazioni con  Lele. Frequentazioni durate molti anni. mentre Macario metteva su la sua sterminata collezione di oggetti luzzatiani, e riportate, quasi un taccuino di bordo o il verbale di un interrogatorio, perché non se ne perdesse memoria.

Qual è stato, viene da chiedersi leggendo queste pagine, nel tempo il rapporto di Giorgio Macario con Emanuele Luzzati? È stato quello di un appassionato collezionista con il grande artista, “oggetto” principale della sua passione? O quello di un catalogatore pignolo e tassonomico con le sue ‘fonti’ d’archivio? O è stato il contatto-confronto continuo tra due amici?
Forse tutte queste cose insieme e la stesura con cui Giorgio ci dà conto del formarsi di quella collezione mette in luce ora l’uno ora l’altro di questi aspetti.

Conosciamo Giorgio Macario da molti anni ma non lo sapevamo in questa veste di conservatore e catalogatore puntuale e preciso (le copertine e le illustrazioni per il Dramma, i disegni per i dischi Fonit Cetra, le riviste per Genova...); né sapevamo delle domeniche di ‘revisione’ e di verifica che hanno punteggiato il formarsi e consolidarsi della sua raccolta di memorabilia luzzatiane. E quindi siamo stati felici di leggere la ‘bella copia’ di quegli appunti di ‘relazione’; felici in maniera egoistica e interessata perché in quelle pagine scorrono continui ricordi, aneddoti, immagini, che richiamano anche a noi, attivato l’uso della memoria, il ritratto del Lele che avevamo conosciuto e amato.

Lele Luzzati Copertine per Il Dramma, 1949
Non solo però, perché dalle parole asciutte di questo lungo verbale-racconto, balzano fuori, come tanti misirizzi (ma trattandosi di Lele diremmo, meglio, dei Pulcinella meccanici!) i personaggi e le situazioni che sono stati essenziale complemento alla sua vita ricca e, nella sua apparente semplicità, complessa per intensità di rapporti e di frequentazioni.
I nomi che compaiono qua e là per le pagine, ora avanzando in proscenio ora ritirandosi in secondo piano sono quelli che, chi ha conosciuto Lele, può facilmente immaginarsi: Sergio Noberini, Flavio Costantini, Giorgio Bergami, Piera Gaudenzi, Leo Lionni, Sandro Cortesogno, Alfredo Meconi… e vengono ricordati aneddoti luzzatiani ‘classici’ (dall’incontro con Picasso, insieme al partigiano Marzo nella Costa azzurra dell’immediato dopoguerra, all’invio degli ‘zozzetti’, molto apprezzati da un cliente americano).

Lele Luzzati Copertina per Genova, 1955

Ma poi, nelle pagine di Macario, riconosciamo tutta intera l’umanità di Luzzati; quel suo ricordare e dimenticare tutto allo stesso tempo, la sua passione entusiasta per il ‘fare’ (nessun homo faber come lui, crediamo ci sia mai stato!) e il suo scarso interesse per la gestione e la conservazione del ‘già fatto’, quel suo andare sempre avanti, verso il prossimo progetto, tornando forse indietro, come si racconta molte volte, solo per andare ‘nell’altra stanza’ a vedere se, nel caos della sua disorganizzazione creativa e funzionale, fosse possibile trovare o recuperare un’altra illustrazione, la copertina di una rivista o di un disco, l’edizione straniera di un libro, che potesse dare il via ad un'altra tornata di aneddoti e ricordi.

Lele Luzzati Copertine di dischi Cetra, 1956

Giorgio Macario, Conversazioni con Lele, Quindici racconti e venti incontri con Emanuele Luzzati, YouCanPrint, 2013, euro 15,00

mercoledì 29 maggio 2013

La coperta corta di Linus

Linus sospende le pubblicazioni e la notizia non può che dispiacere, anche se attualmente la rivista era ben lontana dagli esordi, cui eravamo affezionati, e i quasi cinquant'anni che passano dal suo primo numero, ne avevano cambiato impostazione, senso, significato, importanza. Noi continuiamo a guardare con nostalgia a quelle prime annate dirette da Giovanni Gandini e Oreste Del Buono, quando Linus costituì una fonte importante per la nostra crescita, personale e collettiva.
Mentre non possiamo che augurarci che Charlie Brown  e compagni riprendano presto la loro via di carta ripubblichiamo, come un esorcismo, il primo articolo del primo numero della rivista: un'analisi dei Peanuts discussa tra Umberto Eco, Oreste Del Buono ed Elio Vittorini. Analisi di un fumetto che era anche un approccio alla comprensione della società.


Charlie Brown e i fumetti
Umberto Eco intervista
Elio Vittorini e Oreste Del Buono (aprile 1965)

Eco
Oggi stiamo discutendo di una cosa che riteniamo molto importante e seria, anche se apparentemente frivola: i fumetti di Charlie Brown. Vittorini, com'è che hai conosciuto Charlie Brown?

Vittorini
lo mi sono sempre interessato di fumetti da tempi lontanissimi, da quando ero ragazzo. Me ne occupavo anche ai tempi di « Politecnico » e ricordo che una volta ho pregato il nostro amico Del Buono di intervenire su certi fumetti americani parlandone non soltanto sotto il profilo sociologico, come succede di solito, ma anche sotto il profilo storico.

Eco
Di che cosa avete parlato a quell'epoca?

Del Buono
Un po' di tutto, facemmo persino dei fumetti dai Promessi Sposi.

Vittorini
Sì, avevamo anche cercato di servirci dei fumetti come mezzo di divulgazione letteraria ma si trattava più che altro di un divertimento per noi stessi. Del resto uno « spirito di fumetto » c'era anche nel tipo di impaginazione che usavo per il « Politecnico » dove poi c'era una appendice interamente dedicata ai fumetti: Trevisani vi curò la pubblicazione di Li'l Abner e di Barnaby, il ragazzo afflitto dalla psicanalisi. Le storie di Barnaby erano uscite durante la guerra e noi su « Politecnico » ne riportammo due o tre.


Eco
E Charlie Brown?

Vittorini
Charlie Brown è venuto per un accidente. Io mi facevo mandare dall'America, da amici che ho lì, i supplementi domenicali dove ci sono i fumetti, però questo non l'avevo notato perchè quelle persone non mi mandavano mai la pagina giusta. Finalmente una volta ho visto in mano a una ragazza della Mondadori, nel '58-59, un album ancora di quelli formato « forze di liberazione ». Incuriosito, me lo sono fatto dare e ricordo che passai il resto del pomeriggio mondadoriano a guardarmeli^ Da allora li ho cercati sempre.

Eco
Tu che ti sei occupato tra i primi in Italia della tradizione narrativa americana, come collochi Charlie Brown nella letteratura americana?

Vittorini
Bisognerebbe prima stabilire a che tipo di letteratura appartiene Schulz, ma comunque, senza andare nel difficile, io lo avvicinerei a Salinger, però con un interesse molto più ampio e secondo me molto più profondo.

Eco
Allora secondo te è più artista Schulz?

Vittorini
Certamente. Salinger, resta, se vogliamo, poeta: però non riesce ad essere il poeta di una società, rimane un prodotto in fondo molto letterario (da questo punto di vista Ring Lardner, l'effettivo creatore del racconto « hot », o meglio «hard-boiled», soddisfa meglio certe esigenze di impegno). Salinger è un «patetico » che evade nel mondo dell'infanzia la quale non è, per lui, rappresentativa del mondo degli adulti, della maturità come lo è per Schulz dove l'infanzia è il « signifiant », il veicolo di questo mondo completo che è l'uomo maturo, un po' come Johnny Hart (quello di B.C.) che rappresenta il mondo moderno attraverso l'età della pietra.

Eco
E tu Del Buono come vedi Charlie Brown?

Del Buono
lo sono un convertito a Charlie Brown. All'inizio non mi piaceva affatto. Intanto il mio interesse per i fumetti era diretto al genere avventuroso e Charlie Brown non mi divertiva. Trovavo persone che ridevano, leggendo Charlie Brown, e cercavo questa parte di comico senza trovarla. Però a un certo punto è avvenuta proprio una specie di rivelazione: ho scoperto che i fumetti di Charlie Brown sono assolutamente realistici. È avvenuta addirittura un'identificazione: Charlie Brown sono io. Da questo punto ho cominciato a capirlo. Altro che comico, era tragico, una tragedia continua. Ed ecco finalmente ne ho cominciato a ridere. Un fumetto come diagnosi, prognosi ed esorcismo.

Vittorini
E qui vorrei fare un'osservazione di carattere strutturale rispetto a quello che dice Del Buono: lui denuncia un'incomprensione rispetto ai primi contatti con le strips di Charlie Brown. Il primo contatto in effetti non soddisfa: una singola strip di Charlie Brown non dice niente, è una barzelletta; però, nella quantità, quando interviene anche la ripetizione di certi motivi, e le strips si succedono costituite, un po' come le frasi musicali, di invariabili e di variabili, di tre invariabili e due variabili l'una, di quattro invariabili e una variabile l'altra, si ha allora un « continuo » che approfondisce non solo numericamente il significato iniziale e lo snoda, lo articola, fino a farlo coincidere con tutti gli aspetti di una realtà data.


Eco
Questo mi pare importante perchè molte volte quando si cerca di spiegare a qualcuno, che non è abituato ai fumetti di Charlie Brown, che essi sono importanti, questo qualcuno tende a giudicarli così come giudicherebbe una pagina di romanzo, una pagina letteraria. Legge un brano isolato, due o tre pagine e non vi trova effettivamente nulla. Per giudicare i fumetti per quello che valgono realmente, bisogna tener conto proprio della loro tecnica di distribuzione e di consumo, così come certe epiche popolari di un tempo trovavano il loro sviluppo proprio attraverso il ripetersi delle avventure. È quindi impossibile giudicare il fumetto con i criteri che si applicano alla letteratura normale. Questo non significa che il fumetto non possa essere un prodotto letterario: solo che esso va giudicato in un «sistema » di lettura (e quindi anche di creazione) diverso.

Vittorini
Va giudicato a partire da un certo punto: cioè da un punto in cui ci accorgiamo che è esplosa, per cosi dire, una globalità; un punto in cui è avvenuto una specie di «scatto di totalità ». Ma vorrei cercare di spiegarmi meglio. L'unità espressiva, l'abbiamo detto, è la strip, la sequenza. Prima della strip non abbiamo che la vignetta, una vecchissima conoscenza giornalistica, costituita da una figura e una battuta che si completano a vicenda e che esauriscono in un colpo solo quello che hanno da dire. Con la strip abbiamo non solo una moltiplicazione della figura e della battuta, una serie di quattro cinque figure e di altrettante battute, ma abbiamo anche un elemento del tutto nuovo, l'elemento della successione temporale, il quale si manifesta in due ordini sovrapposti, uno analogico per le figure e uno logico per le parole, benché poi le parole abbiano la prevalenza e investano della loro logicità letteraria tutto l'insieme riducendo le figure a non avere che dei compiti stereotipi, di descrizione, di caratterizzazione, ecc. ecc. come dei semplici segni pittografici. È questo terzo elemento che fa della strip un'unità espressiva, perchè rende puramente paradigmatico il valore di ogni vignetta a sé, e assume in proprio (all'interno del proprio decorso) l'elaborazione del significato. Ma la strip non esprime che un frammento di mondo, un aspetto di personaggio, un momento di rapporto e anche se in se stessa può riuscire pregevole lo riuscirà solo a livello di massima, di illuminazione, di appunto, di episodio, di aneddoto. La qualità ch'essa rivela non va oltre i limiti della sua durata, è minima, è precaria, può essere banalissima o comunque non più che divertente, e occorre che i personaggi, i rapporti, gli oggetti in essa trattati ritornino in altre strips un certo numero di volte, sei volte, sette volte, nove volte, anche quindici, sedici volte, accumulando momento su momento e aspetto su aspetto, perchè noi si possa entrare nel merito qualitativo del fumetto. A furia di quantità è avvenuto quello che ho chiamato «scatto di totalità », cioè si è formato un significato secondo, che subito si riflette su ogni singola strip, anteriore o successiva, e la carica di importanza, la fa essere parte di un sistema, dandoci il senso di avere a che fare con tutto un mondo. Quando è Charlie Brown o B.C.; quando è un buon fumetto, si capisce...


Eco
E qui viene fuori allora una conclusione abbastanza strana; mentre abitualmente i fumetti sono delle produzioni narrative da consumare subito come si beve un caffè, giorno per giorno e da buttare poi via, nella misura invece in cui sono riusciti, essi sono opera importante e sono qualcosa che va riletto. Le storie di Charlie Brown sono nate per essere consumate ogni mattino: proprio perchè sono importanti vanno invece conservate e rilette dall'inizio. Solo così acquistano senso.

Del Buono
Mentre, a esempio, i fumetti di tipo Gordon, che per me, da ragazzo, eran stati educativi o diseducativi, in qualche modo formativi insomma, visti tutt'insieme nella riedizione odierna entrano in crisi, proprio per la ripetizione. La ripetizione di dati schemi: Gordon e il cattivo imperatore Ming, Gordon e le belle regine colorate che lo vogliono sposare, Gordon e il traditore della sua generosità, Gordon e i vari draghi sdentati, eccetera, è una ripetizione che denuncia l'assenza di altre invenzioni più valide. È uno scacco, contrabbandato nell'ansito breve delle puntate, messo in luce dalla raccolta delle strisce, una monotonia casuale, non una ripresa significativa.

Eco
La forza di Charlie Brown è che ripete sempre con ostinazione, ma con un senso del ritmo, qualche elemento fondamentale. Come certo jazz ripete con ostinazione una certa frase musicale. Potremo quindi concludere dicendo: il buon fumetto è quello in cui la ripetizione ha un significato e accresce la ricchezza della storia, il cattivo fumetto è quello in cui la ripetizione annoia e dimostra povertà d'invenzione.

Le copertine che illustrano l'articolo sono della prima annata della rivista, 1965.

lunedì 27 maggio 2013

Addio a Roberto


Roberto Denti
Cosa si può dire di Roberto Denti che, in questi giorni, non sia già stato detto o ricordato? Poco, temo, perché l'importanza, la centralità, la presenza di Roberto nella cultura italiana, e segnatamente, nella cultura italiana "per i ragazzi", era fuori discussione. Ineludibile e necessaria.

Di Roberto Denti si potranno adesso ricordare le tappe importanti; la sua attività di scrittore, di uomo impegnato, più che politicamente, 'civilmente', di fondatore della prima e insuperabile libreria per ragazzi italiana, di 'ufficiale di collegamento' infaticabile tra tutti i segmenti che hanno animato, negli ultimi quarant'anni, quella parte della società italiana che vedeva, e vede, nei bambini e nei giovani la speranza del futuro.
E di Roberto ricordiamo, di conseguenza, quanta disponibilità e amore avesse verso tutto ciò che si muoveva nel libro, dentro il libro e nei dintorni, e di come non facesse mai mancare, anche a quasi novant'anni, la sua disponibilità, la sua presenza, la sua competenza e il suo affetto.

Roberto è stato, per tutti noi, un maestro e un amico. Parole che vogliamo sottolineare perché non sempre chi ci è maestro ci è amico e chi ci è amico è maestro. Eppure lui, e con lui la compagna della vita, vero e proprio suo alter ego, Gianna, lo è stato davvero, sempre e fino in fondo.

Di lui riandiamo a frammenti sparsi. Un racconto di gioventù durante una conferenza, una telefonata per commentare l'ultimo libro che gli era stato inviato, una cena durante un convegno, un cenno di saluto, un sorriso di attenzione. Di Roberto ci sentivamo, sempre e comunque, complici.

Ci mancherà tanto. Mancherà a tutti.

Roberto Denti a L'Aquila, 2012